Esportazioni dell’Italia nel mondo 2019-2020
Il presente articolo è tratto dal rapporto annuale ICE.
Foto di PublicDomainPictures da Pixabay
Situazione in sintesi
Secondo le previsioni ICE-Prometeia, l’export italiano nel 2020 vedrà una flessione del -12%, per poi rimbalzare nel 2021-2022 registrando un +7,4% e un +5,2% rispettivamente. Saranno dunque necessari 2 anni per recuperare i livelli del 2019.
L’Export 2019
Nel 2019 l’export italiano ha raggiunto i 585 miliardi di euro (beni e servizi complessivamente), con un peso pari al 31,7% del PIL nazionale, in crescita consecutiva negli ultimi 10 anni (nel 2010 il peso era pari al 24,9%).
L’export italiano genera 53 miliardi di euro di saldo positivo della bilancia commerciale, in crescita del +35% rispetto allo scorso anno. I settori che contribuiscono maggiormente al saldo sono: macchinari e apparecchi (che da solo ‘paga’ i 42 miliardi della bolletta delle importazioni energetiche nazionali), moda, mobili, agroalimentare.
La quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni mondiali è stabile al 2,84%, ma dai numeri si scorgono importanti potenzialità: in 9 dei 15 mercati principali di import mondiale (cfr. in rosso nel grafico sottostante) la quota italiana è inferiore alla quota di mercato media dei nostri prodotti nel mondo. Sono quindi chiare le opportunità per l’Italia sia nei mercati internazionali di grandi dimensioni, come USA, Giappone e Canada, sia in mercati ad alta crescita come Cina, India e Corea del Sud.
Il 2019 ha segnato una forte crescita dell’export farmaceutico (+26%), mentre per destinazione geografica è cresciuto in particolar modo l’export verso il Giappone (+20%, per effetto dell’accordo di libero scambio con l’Ue) e verso la Svizzera (+15%, come hub di smistamento internazionale). Anche l’export dagli Stati Uniti registra un aumento di oltre il +5% nonostante i dazi imposti.
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Gli effetti del Covid-19 sugli scambi commerciali: “La macchina in corsa si è fermata”, ma l’export è atteso essere il volano della ripresa nei prossimi anni
Secondo le stime ICE-Prometeia, nel 2020 l’export italiano subirà un forte calo, pari al -12% rispetto al 2019, per poi ripartire nel biennio successivo, con tassi di crescita del +7,4% nel 2021 e del +5,2% nel 2022. Saranno necessari due anni affinché l’Italia torni sui livelli di export del 2019.
Nei primi 5 mesi del 2020 le esportazioni sono diminuite del -16,0% rispetto allo stesso periodo del 2019. La flessione non è estesa a tutti i settori: ad esempio, farmaceutica (+16,0%) e alimentari e bevande (+4,3%) hanno mantenuto tassi di crescita. Diversamente, altri settori sono rimasti fortemente coinvolti dalla battuta di arresto del commercio mondiale registrando flessioni del loro export nell’ordine del -30 -35% (-34,5% automotive, -28,0% tessile, -32,5% manufatti vari). Per destinazione, il crollo dell’export italiano è invece diffuso ed esteso sia ai paesi membri dell’Ue (-18,3% Francia e -12,3% Germania) sia nei mercati di sbocco extra-Ue (-33,9% India, -21,9% Cina).
Nella fase di ripresa dell’export nel post-Covid 19, quindi nel biennio 2021-22, le maggiori opportunità di crescita si prevedono in alcuni Paesi dell’est Europa, in Cina e Hong Kong, in Russia e in Turchia, in Germania e in Corea.
In termini di export per settori, si stimano tassi di crescita tra il +12% e il +14% nei seguenti comparti: macchinari, moda, metalli, mezzi di trasporto, alimentare e farmaceutica.
Opportunità di crescita post Covid 19
L’Italia affronta la ripresa economica con alcuni fattori di criticità, già presenti prima della crisi sanitaria:
- Dimensione aziendale: oltre il 50% dell’export italiano in valore deriva dalle PMI, una quota molto superiore a quella di Francia e Germania dove si attesta intorno al 20%.
- Bassa propensione all’export nel Mezzogiorno: le regioni del Mezzogiorno rappresentano il 10,3% dell’export nazionale, una quota stabile da 10 anni. Il rapporto tra export di beni e PIL è la metà di quello nazionale (13,1% vs 26,1%). Anche la dinamica delle vendite all’etero mostra una “crescita a due velocità”: dal 2011 al 2019 l’export del Mezzogiorno è cresciuto del +14%, quasi la metà di quello nazionale (+26%). Tuttavia, proprio quest’area del Paese porta con sé un potenziale di crescita stimato dalla Fondazione Masi intorno ai 17 miliardi di euro, grazie a realtà di eccellenza in settori quali apparecchi elettrici, agrifood, gomma plastica, macchinari, metallo e prodotti in metallo, chimica.
Tra i mega-trend che, per effetto della pandemia, hanno vissuto una forte accelerazione spicca l’e-commerce: secondo le stime più recenti dell’UNCTAD, il valore dell’e-commerce a livello globale ha raggiunto 25,6 trilioni di dollari nel 2018 e risulta in crescita del +8% rispetto al 2017. L’aumento è registrato anche in termini di acquirenti on line (1,45 miliardi di persone, in aumento del +9%).
Su questo fronte l’Italia deve affrontare i suoi ritardi strutturali, sia in termini di tasso di penetrazione che cresce ma resta basso (il rapporto tra vendite online e totale vendite retail è del 6% in Italia, del 14% nella media mondiale), sia in termini di presenza in ambito B2C (il mercato vale in Italia 32 miliardi di dollari nel 2018 rispetto ai 266 miliardi del Regno Unito).
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Inoltre, le nuove abitudini di consumo sperimentate durante il lockdown e le nuove tendenze dei consumatori (dettate anche da limiti di budget) favoriranno i prodotti a maggior valore, ovvero quelli con un migliore rapporto prezzo-prestazione, e i prodotti più innovativi. Allo stesso modo verranno premiati anche prodotti caratterizzati da salubrità e sostenibilità.
Un’altra leva fondamentale è l’innovazione. ICE si impegna a creare un circolo virtuoso innovazione-export-crescita che a sua volta genera innovazione agendo principalmente su tre direttrici: lo sviluppo e il consolidamento del mercato finanziario dell’innovazione; la creazione di start-up ad elevata vocazione internazionale; l’open innovation per consentire alle imprese uno sviluppo all’insegna della sostenibilità sociale e ambientale.
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